Piano Faunistico-Venatorio

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Il Piano faunistico-venatorio regionale

Il Piano Faunistico Venatorio Regionale (PFVR) ha l’obiettivo di mantenere e aumentare la popolazione di tutte le specie di mammiferi e uccelli che vivono naturalmente allo stato selvatico in Lombardia, sviluppando anche una gestione della caccia sempre più adeguata alle conoscenze ecologiche e biologiche. Il PFVR individua e sistematizza gli strumenti per il monitoraggio della fauna selvatica mirando a salvaguardare le specie in diminuzione ma anche a fornire un quadro di riferimento per il controllo numerico di alcune specie problematiche per il territorio e per l’agricoltura.

Il Piano, ai sensi della normativa nazionale e regionale, ha in dettaglio i principali contenuti e finalità:

  • definire gli obiettivi per il mantenimento, l’aumento e la gestione delle popolazioni delle specie di mammiferi e uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico sul territorio regionale;
  • definire indirizzi e contenuti per la pianificazione faunistica territoriale;
  • descrivere e cartografare le potenzialità e le vocazioni faunistiche;
  • elaborare programmi di protezione della fauna selvatica in diminuzione;
  • individuare le attività volte alla conoscenza delle risorse naturali e delle consistenze faunistiche;
  • articolare il regime della tutela della fauna secondo le tipologie territoriali.

Il PFVR non è attualmente in vigore e la programmazione è affidata direttamente ai Piani faunistico-venatori provinciali.

Il Piano faunistico-venatorio della Provincia di Cremona

La pianificazione faunistico-venatoria territoriale è attuata mediante piani a scala provinciale.

Ai sensi dell’art. 14 della legge regionale n. 26 del 16 agosto 1993 le Province, nell’esercizio delle loro funzioni oggi modificate dalla legislazione nazionale e regionale, hanno predisposto i Piani Faunistico Venatori Provinciali (PFVP) relativi al territorio agro-silvo-pastorale.

Il Piano faunistico-venatorio della provincia di Cremona, sulla base di una analisi del territorio e delle consistenze faunistiche e di quanto definito dal citato art. 14 della l.r. 26/93, definisce:

  • le oasi di protezione
  • le zone di ripopolamento e cattura
  • i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale
  • le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie
  • i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale
  • le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani
  • gli ambiti territoriali
  • i criteri per la determinazione dell’indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati
  • i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all’incremento della fauna selvatica
  • l’identificazione delle zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi

Ai sensi della legge regionale n. 7 del 25 marzo 2016, che ha mutato alcuni contenuti della legge regionale n. 26 del 1993 in conseguenza della riforma dell’ordinamento delle Province, i piani provinciali vigenti restano efficaci fino alla pubblicazione dei piani faunistico-venatori territoriali da parte della Regione.

Riepilogo delle superfici degli istituti faunistico-venatori e di altre aree protette (Piano Faunistico-Venatorio della provincia di Cremona, 2013).

MAPPE

La MAPPA dell’ambito di caccia, aggiornata di seguito consultabile e scaricabile

Ripartizione territoriale – Gli Ambiti Territoriali di Caccia

In base alle disposizioni relative alla “Gestione programmatica della caccia” definite dall’art. 14 comma 1 della L. 157/92 e dall’art. 28 comma 1 della l.r. 26/93, attraverso il piano faunistico venatorio provinciale, il territorio della provincia di Cremona è suddiviso in sette ambiti territoriali di caccia.

La determinazione dei confini e il dimensionamento sono stati valutati e attribuiti sulla base delle disposizioni nazionali e regionali in materia faunistico-venatoria, nonché sui criteri attuativi della legge 157/92 emanati dall’ex-INFS e risultano il frutto di una attenta ricerca per contemperare le esigenze faunistiche con quelle di fruizione storica del territorio, tenendo conto anche delle abitudini locali di caccia. I confini, oltre che amministrativi, richiedono talvolta di individuare elementi riconoscibili del paesaggio, quali strade, manufatti, corsi d’acqua, tali da non indurre in errore il cacciatore nell’esercizio dell’attività venatoria e da consentire al corpo di vigilanza di espletare le funzioni di controllo con maggiore efficacia.

Si ritiene che gli ambiti territoriali di caccia per assolvere in modo ottimale ai propri compiti istituzionali e statutari, quali la promozione e l’organizzazione delle attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica e la programmazione degli interventi per il miglioramento degli habitat, debbano avere dimensioni di 15.000-25.000 ettari. La caccia rappresenta infatti oggigiorno prevalentemente un’attività ludico-sportiva ben lontana da una forma di mero sfruttamento delle risorse faunistiche. Il cacciatore in questo quadro contribuisce, seppur con scopi utilitaristici, a creare quelle buone condizioni affinché la fauna possa vivere e riprodursi; partecipa direttamente e spesso in forma volontaristica allo svolgimento di numerose attività tra cui ad esempio le ricognizioni del territorio per valutare la consistenza faunistica, le catture degli animali nelle zone di ripopolamento e cattura, il rilascio sul territorio di caccia degli animali catturati e il posizionamento delle tabelle di delimitazione degli istituti.

Zone di protezione

La tutela e la conservazione della fauna selvatica è basata sulla costituzione di una rete di aree protette sufficientemente estese e ben delimitate, in grado di mantenere popolazioni con densità medio-alte. Questo strumento offre innegabili vantaggi legati condizioni di massimo rispetto della fauna selvatica con benefici sulla riproduzione e sulla sosta degli animali.

Nel contesto normativo internazionale, nazionale e regionale si distinguono istituti finalizzati alla tutela dell’ambiente e della fauna omeoterma (mammiferi e uccelli); si tratta dei parchi nazionali e regionali, delle riserve e monumenti naturali. In alcune di queste aree (parchi naturali dei parchi regionali, riserve naturali regionali) la tutela faunistica si realizza anche attraverso il divieto di caccia (art. 21 L. 157/92[1]; art. 22 c.6 L.394/91[2]).

Gli istituti di tutela della fauna propri delle leggi di riferimento sulla tutela della fauna omeoterma e sull’esercizio dell’attività venatorio sono rappresentati da: Oasi di protezione faunistica (Oasi), Zone di ripopolamento e cattura (ZRC) e dalle Zone di rifugio.

Le Oasi di protezione assolvono il compito di rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica ed hanno quindi come unica finalità dichiarata la protezione della fauna selvatica: sono individuate sulla base della valenza ecologica dei loro habitat in relazione a realtà faunistiche particolarmente meritevoli di conservazione.

Le Zone di ripopolamento e cattura sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per la traslocazione e l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento.

Le Zone di rifugio sono aree di tutela a carattere temporaneo finalizzate a consentire l’insediamento e la riproduzione di nuclei di selvaggina la cui diffusione sul rimanente territorio si realizza principalmente mediante irradiamento naturale.

Oasi di protezione e Zone di ripopolamento e cattura sono istituti pubblici individuati dal Piano faunistico-venatorio provinciale; le Zone di rifugio sono istituite dagli ATC sino ad un massimo del 15% del proprio territorio.

[1] art. 21 L. 157/92: “È vietato a chiunque l’esercizio venatorio: b) nei parchi nazionali; nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali; c) nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; d) ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell’autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto.”

[2] art. 22 c.6 L.394/91: “Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate.”

Oasi di protezione

Le Oasi di protezione della fauna sono istituti destinati alla conservazione della fauna selvatica col fine di favorire l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta della migratoria, nonché di preservare il flusso delle correnti migratorie anche attraverso il miglioramento e il ripristino di condizioni ambientali favorevoli il più possibile vicine a quelle di naturalità. Tali istituti vanno adeguatamente tutelati attraverso un complesso di misure atte a mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna selvatica e flora spontanea in uno stato di conservazione soddisfacente.

In ambito provinciale sono state individuate in ambienti nei quali la fauna selvatica potesse trovare idonee aree di rifugio, di riproduzione e di sosta oltre che di alimentazione oppure nei luoghi dove si presentassero particolari esigenze faunistiche. Si sviluppano generalmente all’interno di un sistema di aree naturali che presentino elementi di continuità e di collegamento, corpi idrici dotati di sponde vegetate, filari arborei e siepi campestri, fasce di incolti, ovvero i cosiddetti “corridoi ecologici”, elementi fondamentali per consentire una buona diffusione della fauna sul territorio e assicurarne la sopravvivenza.

O.GAB – Gabbioneta (Gabbioneta Binanuova)

È localizzata a nord di Gabbioneta, laddove, su una estensione complessiva di 23,1 ettari, si sviluppa l’omologa Riserva naturale regionale di cui l’area di massima tutela occupa una superficie pari a 9 ettari. L’Oasi include a nord ulteriori coltivi, a definire un’area di rispetto tra la Riserva e il fiume Oglio per una superficie di 10,9 ettari. La Riserva naturale Lanca di Gabbioneta è una piccola area naturale protetta istituita dalla Regione Lombardia con Determinazione di Consiglio n. 1389 del 31 maggio 1989. Ente Gestore: Parco Oglio Nord. Si estende attorno a un meandro abbandonato del fiume Oglio di forma quasi circolare. La vegetazione palustre ha pressoché colmato il paleoalveo, ma un piccolo canale di dreno asporta le acque in eccesso e rappresenta l’unico corpo d’acqua. La zona umida è oggi caratterizzata da prateria palustre e asciutta, dove le specie prevalenti sono la cannuccia di palude, la mazzasorda, i carici, la felce di palude, il campanellino estivo, la dulcamara, il vilucchione; è presente inoltre un piccolo alneto di ontano nero tipico ben conservato. L’area compresa tra la lanca e il fiume è formata da terreni coltivati che si inseriscono in un contesto agricolo di coltivazioni intensive. Il fiume Oglio costituisce un importante richiamo per la fauna migratoria, che può in questa Oasi trovare diversi ambienti nei quali sostare e nidificare. Nell’ambiente della riserva naturale, occupato per buona parte da fragmineto, sono presenti in prevalenza la gallinella d’acqua, la cannaiola, il migliarino di palude, il cannareccione, il tarabusino, la pavoncella, il falco di palude. Tra i micromammiferi vanno menzionati il toporagno d’acqua e il mustiolo etrusco. Vicino all’Oasi di protezione è presente un ampio specchio d’acqua che esercita richiamo per gli uccelli di passo quali il corriere piccolo, il pendolino, il germano reale, il cavaliere d’Italia, la quaglia, il colombaccio.

O.LBI – Le Bine (Calvatone)

Si sviluppa in adiacenza all’omonima Riserva naturale regionale Le Bine. L’area palustre della riserva si è formata in seguito ad un intervento di rettificazione del fiume Oglio effettuato alla fine del 18° secolo, sembra per garantire la navigazione sul fiume. Successivamente il meandro abbandonato si è impaludato favorendo l’insediamento di animali e piante tipici degli ambienti palustri, ormai molto rari, soprattutto nella Pianura Padana. Il resto della riserva è attualmente occupato quasi interamente da rimboschimenti realizzati a partire dal 2002 e da aree interessate da un progetto di rinaturalizzazione. La Riserva si sviluppa nei comuni di Calvatone (CR) e Acquanegra sul Chiese (MN). L’area di massima tutela ha un’estensione pari a 20,15 ettari più 76,30 ettari di area di rispetto. Vincoli di protezione: nel 1973 è stata istituita l’Oasi di protezione e nel 1987 la Riserva Naturale Orientata con delibera del Consiglio Regionale n. 769 del 1.10.1987. L’area è inoltre Z.S.C. (IT20A0004) e ricade nella Z.P.S. “Oglio Sud” (IT20B0401). Ente di gestione: Parco Oglio Sud in collaborazione con il WWF e la proprietà dell’area.

Il Parco naturale Oglio Sud circonda per intero la Riserva naturale e gli altri istituti di tutela, così da costituire un’ampia zona cuscinetto a caccia bandita, aumentando l’efficacia dei provvedimenti di protezione anche nei confronti del disturbo venatorio. Pur non avendo previsto lo Studio di Incidenza provinciale alcun impatto significativo sul suddetto Sito di Importanza Comunitaria, vista l’ampia area protetta circostante, i confini ben protetti e il mascheramento garantito dall’abbondante vegetazione arborea, in ottemperanza a quanto richiesto dalla Valutazione di Incidenza si è previsto di istituire una fascia di rispetto (di 100-300 m) con divieto di caccia (Oasi di protezione) che potesse evitare un avvicinamento eccessivo dei cacciatori al S.I.C.. L’estensione complessiva dell’Oasi è pari a 22,5 ettari.

Zone di ripopolamento e cattura

Le zone di ripopolamento e cattura sono definite nell’art. 10/8, lett. b) della legge 157/92 quali zone “destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio”. La l.r. 26/93 prevede che le zone destinate alla riproduzione di specie di fauna selvatica allo stato naturale servano anche per l’eventuale loro cattura a scopo di immissione in altre zone. L’istituto in oggetto assume una rilevante importanza nel contesto provinciale dove, per le specie di selvaggina stanziale (specialmente la lepre), è difficile attuare efficaci piani di prelievo.

Le zone di ripopolamento e cattura vengono individuate in generale nelle zone con agro-ecosistemi sufficientemente diversificati, a vantaggio di tutta la fauna selvatica, ma in particolare nelle nostre aree rispondono alla esigenza di produzione di lepre e fagiano.

I criteri guida per l’individuazione delle zone di ripopolamento e cattura, oltre a riguardare l’idoneità ambientale sotto il punto di vista della componente vegetale naturale, degli elementi di ecotono e delle colture agricole, valutano le reciproche connessioni attraverso corridoi ecologici protetti tali da consentire facili spostamenti della selvaggina e un buono scambio genetico tra le popolazioni. La selezione di aree in cui vi siano dotazioni ambienti tali da assicurare buone produttività di selvaggina, si accompagnano alla valutazione di altri elementi che tengono conto dei possibili danni che la fauna selvatica può arrecare alle colture agricole ad alto reddito.

Le buone pratiche di gestione faunistica delle ZRC consentono di realizzare le condizioni per cui le popolazioni faunistiche raggiungano le massime densità offerte dall’ambiente. Consistono principalmente nelle seguenti attività: censimenti ambientali e faunistici, sostentamento delle popolazioni soprattutto attraverso i miglioramenti degli habitat, catture e immissioni, tutela della fauna presente mediante contenimento delle specie opportuniste, il tabellamento e la vigilanza per la prevenzione e il controllo degli illeciti.

Le catture sono eseguite solo allorquando le popolazioni sono sviluppate a tal punto da non risentire dell’asportazione di un certo numero di animali. L’attività di cattura non deve inoltre interferire con la riproduzione, per cui è prevista all’inizio dell’inverno e va completata possibilmente entro il mese di dicembre per la lepre e il mese di febbraio per il fagiano.

Le zone di ripopolamento e cattura dell’ambito di caccia n. 2 si sviluppano su una superficie agro-silvo-pastorale complessiva di 7.886,5 ettari, pari al 35,8% del territorio a.s.p. totale.

Zone di rifugio

Le zone di rifugio sono gestite in modo da garantire la protezione della specie favorendo il suo irradiamento naturale: queste zone hanno dimensioni minori rispetto alle zone di ripopolamento e cattura. Tendenzialmente hanno bassa densità viaria ed abitativa e, per favorire la colonizzazione naturale delle aree circostanti, possono presentare confini irregolari e permeabili, cioè non costituiti da canali o strade con traffico intenso. Sono mantenute per un periodo di tempo sufficiente (almeno 2-3 anni) perché si formino popolazioni ben sviluppate e si realizzi un adeguato ripopolamento spontaneo del territorio contiguo. Le zone di rifugio possono assolvere anche a funzioni prettamente venatorie nel caso in cui vengano impiegate strutture di ambientamento e allevamento della fauna selvatica per assicurare maggiori rendimenti delle immissioni eseguiti anche nei periodi a caccia aperta. Sono collocate in posizione satellitare rispetto alle ZRC in modo da sostenere e implementare l’azione di ripopolamento del territorio a caccia programmata.

Le zone di rifugio dell’ambito di caccia n. 2 si sviluppano su una superficie agro-silvo-pastorale complessiva di 836,67 ettari, pari al 3,8 % del territorio agro-silvo-pastorale totale.

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